di Marta Scarduelli Caro lettore, Ri-eccoci con la rubrica “TRA I BANCHI - Diario di una giovane insegnante”. Questo mese parleremo di sonnolenza e stanchezza…sui banchi! Chi non ha mai fatto un riposino sul banco durante un’ora di lezione, specialmente alla prima e all’ultima ora della mattinata di scuola? Perchè ho scelto questo tema Da studentessa ricordo chiaramente la fatica che provavo nell'alzarmi il mattino (seppur non all’alba poiché fortunatamente vivevo vicino alle varie scuole che ho frequentato): le palpebre incollate, incapaci di staccarsi, la colazione sempre di fretta per poter beneficiare di qualche minuto di sonno in più e la fatica ad elaborare un pensiero seduta su una sedia con le luci puntate in viso alle 8 della mattina. Lo definirei…traumatizzante! Mi sono sempre chiesta il motivo di tanta stanchezza, poiché generalmente la sera non facevo troppo tardi e andavo a dormire presto. Mi sono avvicinata al tema dell’importanza del sonno e del ruolo fondamentale che ha sull’apprendimento grazie ad un libro “Why we sleep” dello scrittore e neuroscienziato Matthew Walker. In questo articolo non ci soffermeremo sull’aspetto scientifico e medico del sonno poiché Walker lo analizza in modo meticoloso, spiegando cosa succede passo dopo passo durante il sonno a livello cerebrale e non solo. Ma, se ti affascina questo tema, è un libro che ti consiglio vivamente. Il sonno come aiutante prezioso dell’apprendimento Walker scrive che uno dei benefici del sonno sul nostro corpo ha a che fare con la memoria: il sonno si rivela essere un aiuto prezioso per la nostra capacità di memorizzare nuove informazioni. Detto in parole molto semplici, durante la notte il sonno “libera nuovo spazio” nel nostro cervello: questo ci permette nella mattina seguente di immagazzinare le nuove informazioni a cui siamo esposti, per esempio a scuola durante un’ora di lezione. Non solo, secondo Walker il sonno rappresenta una fase fondamentale post-apprendimento, poiché consolida quanto abbiamo imparato. Un po’ come il pulsante “salva” sul computer quando abbiamo creato un documento e vogliamo che venga conservato tra i nostri file e che sia disponibile quando lo desideriamo. Afferma Walker che anche il cosiddetto “nap” (pisolino breve) post pranzo e, quindi, post scuola può rivelarsi fondamentale per consolidare quanto appreso durante la mattinata. I nostri studenti dormono abbastanza? Quando parliamo di sonno, non è corretto paragonare il sonno degli adulti a quello dei ragazzi. Questi ultimi, infatti, hanno un ritmo circadiano diverso dai primi (il ritmo circadiano è il nostro orologio biologico interno che dura circa 24 ore e, tra le tante cose, comprende il ciclo sonno-veglia): negli adolescenti il rilascio di melatonina (l’ormone regolatore del sonno) avviene circa da una a tre ore dopo rispetto agli adulti, questo significa che i ragazzi sono “programmati” per addormentarsi più tardi e, di conseguenza, svegliarsi più tardi. Walker nel suo libro afferma che più dell’80% delle scuole superiori negli USA (“high schools”) inizia prima delle 8.15 del mattino, di cui il 50% persino prima delle 7.20. Facendo una stima, gli studenti si alzerebbero verso le 5, che significherebbe per loro le 3 (a causa del diverso ritmo circadiano). Walker al lettore chiede nel capitolo: “Tu, persona adulta, saresti felicemente predisposto all’apprendimento se ti alzassi ogni giorno alle 3 del mattino?”. Walker ci spiega che ci sono sempre più evidenze scientifiche che sottolineano l’importanza di iniziare la scuola più tardi al mattino. Sono stati condotti degli esperimenti tra alcuni studenti giapponesi, i quali hanno dimostrato che dormire di più al mattino consentiva a questi ragazzi di migliorare il proprio rendimento a scuola. Aggiunge Walker che le stesse scuole negli USA hanno cominciato a richiedere una modifica all’orario d’inizio della scuola: in Minnesota, l’orario è stato spostato dalle 7.25 alle 8.30. I benefici di un sonno più lungo sono visibili non solo sulla prestazione scolastica ma in altri contesti: la ricerca scientifica sostiene che posporre l’inizio delle lezioni argina la dispersione scolastica e diminuisce difficoltà psicologiche e consumo di droghe e alcool fra gli adolescenti. Tutto ciò mi ha permesso di giungere a due conclusioni: la prima è che vale davvero la pena valutare una modifica all’orario d’inizio delle lezioni. La seconda mi consente di capire il motivo per cui almeno una volta al giorno uno studente dorme durante le ore di lezione: purtroppo in generale i ragazzi vanno a dormire tardi perché la tecnologia li distrae molto e li tiene svegli fino a notte inoltrata, questo è innegabile. Grazie a questo libro, però, ho imparato a non biasimarli eccessivamente perché mi rendo conto che sono influenzati anche da una motivazione biologica. Immagino che per nessun docente sia piacevole notare che uno dei propri studenti dorme durante l’ora di lezione. Tuttavia io provo a fidarmi: ripeto loro che è importante concedersi le giuste ore di sonno poiché questo si riflette sul loro apprendimento e lascio loro un po’ di tempo. Succede che, al risveglio, siano più predisposti a seguire la lezione e ad apprendere. P.S: se non si svegliano da soli, li sveglio io! Alla prossima puntata del 2022, Ciao! Marta Caro lettore, Ri-eccoci con la rubrica “TRA I BANCHI - Diario di una giovane insegnante”. Questo mese parleremo di sonnolenza e stanchezza…sui banchi! Chi non ha mai fatto un riposino sul banco durante un’ora di lezione, specialmente alla prima e all’ultima ora della mattinata di scuola? Perchè ho scelto questo tema Da studentessa ricordo chiaramente la fatica che provavo nell'alzarmi il mattino (seppur non all’alba poiché fortunatamente vivevo vicino alle varie scuole che ho frequentato): le palpebre incollate, incapaci di staccarsi, la colazione sempre di fretta per poter beneficiare di qualche minuto di sonno in più e la fatica ad elaborare un pensiero seduta su una sedia con le luci puntate in viso alle 8 della mattina. Lo definirei…traumatizzante! Mi sono sempre chiesta il motivo di tanta stanchezza, poiché generalmente la sera non facevo troppo tardi e andavo a dormire presto. Mi sono avvicinata al tema dell’importanza del sonno e del ruolo fondamentale che ha sull’apprendimento grazie ad un libro “Why we sleep” dello scrittore e neuroscienziato Matthew Walker. In questo articolo non ci soffermeremo sull’aspetto scientifico e medico del sonno poiché Walker lo analizza in modo meticoloso, spiegando cosa succede passo dopo passo durante il sonno a livello cerebrale e non solo. Ma, se ti affascina questo tema, è un libro che ti consiglio vivamente. Il sonno come aiutante prezioso dell’apprendimento Walker scrive che uno dei benefici del sonno sul nostro corpo ha a che fare con la memoria: il sonno si rivela essere un aiuto prezioso per la nostra capacità di memorizzare nuove informazioni. Detto in parole molto semplici, durante la notte il sonno “libera nuovo spazio” nel nostro cervello: questo ci permette nella mattina seguente di immagazzinare le nuove informazioni a cui siamo esposti, per esempio a scuola durante un’ora di lezione. Non solo, secondo Walker il sonno rappresenta una fase fondamentale post-apprendimento, poiché consolida quanto abbiamo imparato. Un po’ come il pulsante “salva” sul computer quando abbiamo creato un documento e vogliamo che venga conservato tra i nostri file e che sia disponibile quando lo desideriamo. Afferma Walker che anche il cosiddetto “nap” (pisolino breve) post pranzo e, quindi, post scuola può rivelarsi fondamentale per consolidare quanto appreso durante la mattinata. I nostri studenti dormono abbastanza? Quando parliamo di sonno, non è corretto paragonare il sonno degli adulti a quello dei ragazzi. Questi ultimi, infatti, hanno un ritmo circadiano diverso dai primi (il ritmo circadiano è il nostro orologio biologico interno che dura circa 24 ore e, tra le tante cose, comprende il ciclo sonno-veglia): negli adolescenti il rilascio di melatonina (l’ormone regolatore del sonno) avviene circa da una a tre ore dopo rispetto agli adulti, questo significa che i ragazzi sono “programmati” per addormentarsi più tardi e, di conseguenza, svegliarsi più tardi. Walker nel suo libro afferma che più dell’80% delle scuole superiori negli USA (“high schools”) inizia prima delle 8.15 del mattino, di cui il 50% persino prima delle 7.20. Facendo una stima, gli studenti si alzerebbero verso le 5, che significherebbe per loro le 3 (a causa del diverso ritmo circadiano). Walker al lettore chiede nel capitolo: “Tu, persona adulta, saresti felicemente predisposto all’apprendimento se ti alzassi ogni giorno alle 3 del mattino?”. Walker ci spiega che ci sono sempre più evidenze scientifiche che sottolineano l’importanza di iniziare la scuola più tardi al mattino. Sono stati condotti degli esperimenti tra alcuni studenti giapponesi, i quali hanno dimostrato che dormire di più al mattino consentiva a questi ragazzi di migliorare il proprio rendimento a scuola. Aggiunge Walker che le stesse scuole negli USA hanno cominciato a richiedere una modifica all’orario d’inizio della scuola: in Minnesota, l’orario è stato spostato dalle 7.25 alle 8.30. I benefici di un sonno più lungo sono visibili non solo sulla prestazione scolastica ma in altri contesti: la ricerca scientifica sostiene che posporre l’inizio delle lezioni argina la dispersione scolastica e diminuisce difficoltà psicologiche e consumo di droghe e alcool fra gli adolescenti. Tutto ciò mi ha permesso di giungere a due conclusioni: la prima è che vale davvero la pena valutare una modifica all’orario d’inizio delle lezioni. La seconda mi consente di capire il motivo per cui almeno una volta al giorno uno studente dorme durante le ore di lezione: purtroppo in generale i ragazzi vanno a dormire tardi perché la tecnologia li distrae molto e li tiene svegli fino a notte inoltrata, questo è innegabile. Grazie a questo libro, però, ho imparato a non biasimarli eccessivamente perché mi rendo conto che sono influenzati anche da una motivazione biologica. Immagino che per nessun docente sia piacevole notare che uno dei propri studenti dorme durante l’ora di lezione. Tuttavia io provo a fidarmi: ripeto loro che è importante concedersi le giuste ore di sonno poiché questo si riflette sul loro apprendimento e lascio loro un po’ di tempo. Succede che, al risveglio, siano più predisposti a seguire la lezione e ad apprendere. P.S: se non si svegliano da soli, li sveglio io! Alla prossima puntata del 2022, Ciao! Marta BIBLIOGRAFIA Matthew Walker, Why we sleep (Penguin Random House UK, 2017)
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di Marta Scarduelli Tempo di lettura: 5' Caro lettore,
Mi presento. Mi chiamo Marta, ho 29 anni, sono laureata in lingue straniere e da un paio sono un’insegnante. Grazie ad una MAD (messa a disposizione), ho iniziato il mio percorso in una scuola elementare, in un piccolo paesino del Trentino-Alto Adige. Ho insegnato tedesco a dolci e vivaci studenti, tra non pochi ostacoli! Al primo anno di insegnamento, dopo soli cinque mesi, sono stata costretta a rimodulare le mie lezioni (in presenza) in didattica a distanza, per il motivo che ormai tutti conosciamo. Anche se a volte frustrante e complesso, ho proseguito il mio percorso con coraggio e oggi sono qui. Sono entrata a far parte dell’Associazione Un'Altra Scuola qualche mese fa. Il motivo è semplice: sono un’insegnante, vivo della mia passione e vorrei che tu vedessi, attraverso le mie parole, quello che io vedo e vivo ogni giorno tra i banchi. La mia rubrica parlerà di varie tematiche. Tutte avranno un filo conduttore: lo studente e tutto ciò che gli ruota intorno. Oggi parleremo di valutazione e motivazione allo studio. Buona lettura! VALUTAZIONE, L’INCUBO DI OGNI STUDENTE “Profe, ma questo lo mette in verifica?”. Se mi chiedessero di pensare ad una domanda che sento spesso in classe, ecco, senza ombra di dubbio penserei a questa. A volte arriva non appena accenno alla frase “Oggi ragazzi introduciamo un argomento nuovo”. Prima di proseguire vorrei però spiegarti che nel mondo della didattica non esiste solo la valutazione sommativa così come la conosciamo noi, per intenderci quella che ci ha accompagnato nel nostro percorso scolastico. VARIE TIPOLOGIE DI VALUTAZIONE L’anno scorso, proprio durante il primo lockdown, ho avuto modo di approfondire le mie conoscenze preparando alcuni esami di materia psico-pedagogica (i famosi 24 CFU per intenderci). Illuminante è stato un corso (“Ricerca educativa e valutazione nell’insegnamento”) tenuto dal Prof. Mario Maviglia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, il quale ha approfondito il tema della valutazione. Ne esistono di vari tipi, ma ne cito solo alcune, ognuna con una funzione diversa: Diagnostica: potremmo definirla come uno strumento per “sondare il terreno”; l’insegnante somministra una prova agli studenti all’inizio di un nuovo percorso di apprendimento, per verificare se questi possiedono già conoscenze sull’argomento. È fondamentale per impostare gli obiettivi didattici. Formativa e orientativa: il docente somministra una prova in itinere (quando ancora l’argomento non è concluso) e verifica qual è il livello di apprendimento di ogni studente fino a quel momento. Si tratta di una valutazione utile soprattutto al docente, per verificare se le modalità didattiche adottate sono corrette o se, al contrario, è necessario mettere in campo determinate strategie di insegnamento. Sommativa: è la valutazione formale, che ha valore pubblico, per intenderci quella che troviamo scritta sulla pagella a fine quadrimestre, che ogni studente teme. Essa “certifica” (o meglio, dovrebbe certificare) l’avvenuta conquista di specifiche abilità e conoscenze. Approfondendo il tema della valutazione si deduce quindi che lo studente non è il solo a doversi sentire “valutato” ma lo è anche il docente stesso. Lo studente in riferimento alle sue competenze e abilità, l’insegnante alle sue competenze professionali. Lo sapevi? VALUTAZIONE E MOTIVAZIONE: QUALE LEGAME? Tornando alla domanda di prima, ti dirò ora cosa rispondo io generalmente ai miei studenti quando si fanno prendere dall’ansia del voto (mi correggo, non tutti hanno l’ansia del voto, a qualcuno l’idea di un’ipotetica verifica non agita particolarmente…). “Ragazzi, non tutto quello che condivido con voi e di cui parliamo a lezione sarà oggetto di verifica. Quando sarà il momento, vi spiegherò bene gli argomenti. Per ora, state tranquilli”. Non sempre funziona, certo, ma alla lunga aiuta i miei ragazzi a non vivere l’apprendimento come se fosse una prova continua. Una curiosità. Ho realizzato nel tempo che la domanda arriva soprattutto dalle classi prime: che sia un retaggio della scuola media? Dall’introduzione del registro elettronico, la famosa verifica o interrogazione terrorizzano in modo esponenziale: i genitori possono accedere al registro quando preferiscono e verificare di giorno in giorno i voti “accumulati” dai propri figli. Purtroppo, nel mio breve percorso da insegnante mi è capitato più volte di avere a che fare con ragazzi preda delle aspettative (un po’ troppo severe e rigide) dei genitori. “Se non prendo almeno 8 o 9, mia mamma non è contenta”. Ma tra i due, chi sta andando a scuola? La mamma o il figlio/la figlia? Ecco che la verifica diventa esclusivamente una motivazione strumentale: devo studiare tanto altrimenti la mamma si arrabbia e la mia media si abbassa. Come insegnante mi chiedo continuamente come questa prospettiva possa funzionare: è davvero giusto, come genitori, far vivere al proprio figlio anni di scuola perseguitato da così tante aspettative? Cosa c’è di vergognoso in una sufficienza o, addirittura, in un’insufficienza? La motivazione nascosta dietro al ragionamento dei ragazzi è la cosiddetta “motivazione estrinseca”: lo studente pensa “io studio, non per me, per imparare, ma perché all’orizzonte ci sarà una verifica che devo fare bene, per rendere contenti il professore, mamma e papà”. Viene chiamata così proprio perché si tratta di fattori esterni che agiscono sul ragazzo e sul suo ruolo nell’apprendimento. Io, nel mio piccolo, cerco di coltivare nei miei studenti la “motivazione intrinseca”: quella interna, che viene da ognuno di noi, e ci spinge a conoscere perché ci fa stare bene. Quella che, se prendiamo un brutto voto, non ci sbarra la strada, ma ci incoraggia a fare meglio la prossima volta. Quindi caro lettore, che tu sia uno studente, un genitore, un insegnante: coltiva e valorizza, in chi ti circonda, la motivazione intrinseca all’apprendimento. Sarà la spinta naturale per evitare eccessiva ansia e frustrazione nei ragazzi e un ingrediente fondamentale per vivere la scuola nel modo più sereno e armonioso possibile. Per questa puntata è tutto, ci vediamo alla prossima! A presto, Marta RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Dispensa di “Ricerca educativa e valutazione nell’insegnamento” (24 CFU) - Professor Mario Maviglia (Università Cattolica del Sacro Cuore - Brescia) Dispensa di "Linguistica Applicata" - Professor Paolo Nitti |