Un’intervista con la Dott.ssa Daniela Parisi a cura di Petra Fasoli La Dott.ssa Daniela Parisi è docente ed esperta in metodologie e didattiche internazionali. Laureata in Scienze dell’educazione e formazione, la Dott.ssa Parisi insegna oggi in un istituto scolastico della provincia di Catania e si occupa di best practices, offrendo corsi di formazione e seminari in tema di metodologia e didattica d'avanguardia. La stessa ha recentemente pubblicato il libro "Keyrings: Costruzione di un percorso educativo d’avanguardia. Metodologia dinamica e didattica espansiva per un apprendimento efficace" (Kimerik, 2022). Dottoressa Parisi, come ha conosciuto Un’Altra Scuola? Ci tengo, anzitutto, a ringraziarvi per il gradito invito. “Un’Altra Scuola” risponde in pieno al mio profondo desiderio di innovazione nella scuola, di cui mi occupo, sono sempre molto interessata a tutto ciò che è spinta verso una rimodulazione scolastica. È in proprio in questo contesto che ho casualmente e piacevolmente avuto modo di conoscere Un’Altra Scuola. Che esperienza ha nel mondo dell’insegnamento? Insegnare è una bellissima esperienza, poiché esige sempre evoluzione e adeguamento al mutamento dei tempi. Io lavoro nelle scuole da oltre trent'anni e questo mi ha permesso di osservare i cambiamenti sociali giovanili. Ho potuto vedere tale mutamento anche grazie alla mia partecipazione ad un gruppo di studio per proposte legislative al Ministero della Pubblica Istruzione, che mi ha permesso di ascoltare gli studenti. Questi esprimevano il forte desiderio di una nuova scuola motivante. Contestualmente ho rilevato, purtroppo, l’incapacità della scuola ad adeguarsi al mutamento dei tempi. Infatti è evidente osservare come vi sia una dicotomia tra una strutturazione sociale giovanile, che si è da tempo modificata, e dall’altro un metodo di insegnamento cristallizzato da decenni con una didattica vittima, anche, di riforme inadeguate. Tutto ciò non può risolversi, esclusivamente, circoscrivendo la risposta educativa della scuola con la digitalizzazione, come panacea della sua modernizzazione; ritengo che occorra, piuttosto, puntare su una nuova metodologia capace di rispondere in modo adeguato al desiderio degli alunni di vivere in una scuola che, per raggiungere conoscenze, abilità, competenze allargate, crei stimoli e motivi i ragazzi ad un percorso di formazione personale completo, che offra strumenti adeguati per il loro futuro. Questo è stato l’incipit iniziale che mi ha portata a capire che qualcosa doveva e deve cambiare. Per il suddetto motivo ho inserito nella mia metodologia stimoli di conoscenza diversificati - che ho immesso nella didattica - ottenendo positivi e grandi risultati dagli alunni. È così che ho strutturato una innovativa metodologia: Keyrings, molto apprezzata da Avanguardie Educative - INDIRE - MIUR. I corsi di formazione, richiesti da alcune scuole sulla mia metodologia, mi inducono a pensare che il cambiamento è possibile ed è sentito da presidi e docenti consapevoli della necessità di modificare tutto il percorso educativo. Recentemente, per esempio, sono stata invitata ad esporre la mia didattica e metodologia ad un seminario alla Fiera Didacta (Misterbianco, 20-22 ottobre 2022), ed ho qui condiviso la mia visione di scuola, che è stata accolta con entusiasmo da molti docenti che, dunque, riconoscono la necessità di cambio di direzione. Come descriverebbe Keyrings? La metodologia Keyrings è l’opportunità data ai ragazzi di strutturare in modo immersivo la propria formazione. Mi spiego meglio, si parla da sempre di centralità dell’alunno nel processo di formazione ma, nella pratica, esiste molto poco. Keyrings permette l’immersione totale dell’alunno nella sua formazione, è un processo di scoperta di sé stessi. All’interno di tale processo tutto diventa creatività, stimolo, curiosità, passione per la conoscenza. Come nasce il nome Keyrings? Come suggerisce il nome stesso, keyrings è quel portachiavi in cui possiamo inserire le diverse conoscenze che possediamo o maturiamo. È un portachiavi capiente; ogni volta che si aggiunge una chiave, allora è possibile aprire una nuova porta. Qual è la sfera di applicazione di Keyrings? La metodologia Keyrings è stata applicata finora nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. E’ più che mai adatta anche alla scuola secondaria di secondo grado, proprio per le peculiarità e le capacità determinate dalla fascia d’età. Keyrings è un nuovo, diverso, modo di approcciarsi all’insegnamento e all’apprendimento, non definibile all’interno di uno specifico segmento scolastico ed è applicabile all’insegnamento di qualsiasi materia. I risultati straordinari sono evidenti anche su alunni con difficoltà o disabilità. Ma come funziona Keyrings nella pratica? Il Keyrings è un modo nuovo di concepire la scuola, sia come strutturazione che come organizzazione. La guida per docenti, che ho pubblicato, è organizzata in Prismi, proprio perché ciascuno di essi raggruppa diversi elementi fondanti di articolazione innovativa scolastica. Pertanto, le peculiarità del Keyrings risultano ampie. Tutto si modifica: i tempi della giornata scolastica e la loro diversificazione, la strutturazione degli ambienti - che viene pensata in maniera totalmente diversa - la disposizione degli arredi, l’organizzazione delle lezioni/microlesson, lo SC (stimolo Circolare) che contiene delle specificità metodologiche e la sua imprevedibilità, la progettazione innovativa del percorso, nonché i diversi attori che ruotano attorno all’azione didattica con nuove funzioni, i compilation forms organizzati per i diversi momenti e le molteplici specificità come il Keylisten, il Keyproject ed altri ancora. Dunque non è semplice spiegare come funziona Keyrings, ma sicuramente lo si può descrivere come organizzazione, condivisione, approfondimento di saperi che generano un turbine continuo di curiosità e, dunque, desiderio di conoscenza negli alunni. Quale tipo di valutazione si adotta? La valutazione nel Keyrings è ampia perché risponde a diversi aspetti e soggetti da valutare. Per questo motivo si può definire diversificata, in riferimento agli individui da valutare e alle strutturazioni organizzate valutative (molti momenti inseriti nel Keyrings sono riconducibili alla valutazione). Ma se ci si riferisce alla valutazione periodica degli alunni nel Keyrings, questa è strutturata in modo semplice per il docente, pur rispondendo ad un’osservazione complessa e completa. Nella guida per docenti “Keyrings. Costruzione di un percorso educativo d’avanguardia, Metodologia dinamica e didattica espansiva per un apprendimento efficace”, nel “6°Prisma”, interamente dedicato alla valutazione, si approfondiscono diversi aspetti, alcuni dei quali sono: l’OAR, la Recognition Ability, le CoVe e altro. Il tutto viene organizzato in un compilation form semplificato di valutazione (flashboard) che contiene i risultati dell’osservazione diretta, attenta e completa da parte del docente, un’osservazione a tutto tondo. Come rispondono gli studenti a Keyrings? Gli studenti così stimolati vivono la scuola con entusiasmo e desiderio di conoscenza e strutturano relazioni interpersonali positive, nonché si rafforzano grazie anche ad alcuni momenti che il Keyrings prevede fuori dagli schemi orari. Gli studenti vivono, così, un rapporto alla pari, chiamandosi tra loro "colleghi". In questi anni, infatti, non ho mai assistito ad episodi di bullismo. I ragazzi si appassionano, lavorano costantemente in sinergia, vivono insieme questa metodologia che permette la creazione di un ambiente sereno. Nel “veliero” si lavora tutti assieme. Il docente osserva gli studenti in azione e intreccia assieme tutti quei “fili” di conoscenza e condivisione che corrono e spuntano lungo il percorso. Petra Fasoli
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di Laura Albertini Questa settimana la campanella suonerà in diversi istituti del nostro paese: alcuni hanno già iniziato, qualcuno inzia oggi, altri domani e i più fortunati il 15 e il 19 settembre. Anche se la data è diversa, il punto comune è chiaro: siamo agli sgoccioli di quest'estate ed è arrivato il momento di ricominciare. Accogliamo questo nuovo inizio con una buona notizia: tornano i vicini di banco e le risate tra una lezione e l'altra. La mascherina non è più obbligatoria, ma sembrano esserci altri problemi all'orizzonte. Noi saremo al vostro fianco: con le notizie del mondo della scuola, nella speranza di dimenticare parole come DAD o DID, ma anche con approfondimenti, riflessioni, collaborazioni e progetti sempre nuovi. Un grosso in bocca al lupo a tutte le e gli insegnanti che avranno il compito di accogliere gli studenti e accompagnarli durante il prossimo anno scolastico. Per quanto riguarda studenti e studentesse, abbiamo una sola raccomandazione: senza di voi non c'è scuola, quindi forza e coraggio! Non lasciatevi definire dai voti: ognuno di voi è molto di più di una cifra. Buon inizio d'anno scolastico da tutto il team di Un'Altra Scuola! Nota per i futuri maturandi: state all'erta... il toto temi potrebbe essere già iniziato! di Petra Fasoli La didattica inclusiva è un orientamento educativo nato per garantire la comprensione dei bisogni educativi dei singoli alunni, al fine di superare eventuali difficoltà e differenze e stimolare la ricerca di soluzioni funzionali.
La didattica inclusiva è indicata, ad esempio, per alunni che presentino disturbi specifici dell’apprendimento, per studenti con bisogni educativi speciali, per alunni stranieri e in molti altri casi. Tuttavia, è necessario ribadire che tutti gli alunni possono ottenere benefici da questo orientamento educativo. Lo scopo di tale didattica è, infatti, quello di appianare differenze o difficoltà e garantire all’alunno la possibilità di esprimere al massimo il proprio potenziale. Attualmente le strategie di didattica inclusiva sono molte e promuovono spesso diverse modalità di apprendimento, tra cui il cooperative learning, l’integrazione della tecnologia, la didattica metacognitiva. Nell’ambito dell’insegnamento delle lingue straniere troviamo, ad esempio, degli approcci inclusivi come l’apprendimento multisensoriale e la didattica metacognitiva. L’approccio multisensoriale si basa sull’attivazione simultanea di più canali percettivi e permette una più efficace memorizzazione grazie alla connessione tra simbolo, suono e azione. Quando lo studente scopre un nuovo vocabolo, può essere utile presentarlo mediante un’immagine abbinata alla parola stessa, chiedendo di pronunciarla facendo attenzione al suono che si va a creare, ma anche chiedendo di mimarne la forma o una qualche caratteristica. In questo modo, non viene attivato un solo canale, bensì tre. Per prendere confidenza con lo spelling di una parola straniera, può risultare efficace tracciarne le lettere con l’indice, al fine di replicarne la forma attivando il canale cinestetico (un canale spesso sottovalutato, la cui attivazione è particolarmente indicata nel caso di studenti con dislessia). La didattica metacognitiva può rivelarsi utile nell’identificazione di schemi e modelli linguistici. È possibile coinvolgere attivamente ed esplicitamente gli studenti in attività metacognitive di ragionamento che permettano di promuovere l’autonomia. Ad esempio, si può rendere l’apprendimento un processo di scoperte in cui l’alunno si muove come un investigatore per capire come funziona la lingua. L’insegnante può, a sua volta, intervenire con domande volte a stimolare il ragionamento, chiedendo ad esempio per quale motivo lo studente pronuncia o scrive una parola in un determinato modo o chiedendo dove la si possa collocare e per quale motivo. di Petra Fasoli Normativa DSA
La legge di riferimento per i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) è la legge n. 170 dell’8 Ottobre 2010, che riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia tra i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Tale legge include la definizione dei diversi DSA, e assegna al sistema nazionale d’istruzione il compito di individuare le modalità didattiche e di valutazione più adatte a favorire il successo formativo degli studenti con DSA. Il Decreto Ministeriale N. 5669 del 12 Luglio 2011 definisce le linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento. In tale decreto sono indicati i contenuti minimi e i tempi massimi di definizione del piano didattico personalizzato (PDP), ovvero il documento di programmazione nel quale la scuola definisce gli interventi previsti nei confronti di alunni con particolari esigenze didattiche non riconducibili alla disabilità. Il documento di programmazione personalizzato è obbligatorio per studenti con DSA, viene predisposto dal consiglio di classe (ed elaborato coinvolgendo lo studente, la famiglia e, in maniera facoltativa, lo psicologo) nelle forme ritenute più idonee e nei tempi che non superino il primo trimestre scolastico, articolato sulla base delle discipline coinvolte nel disturbo. Il piano didattico personalizzato contiene: dati anagrafici, tipo di disturbo, attività didattiche individualizzate e personalizzate, strumenti compensativi e misure dispensative, forme di verifica e valutazione. Per quanto riguarda gli strumenti compensativi, questi hanno l’obiettivo di compensare le difficoltà funzionali dello studente, promuovendone le competenze e l’autonomia. Alcuni strumenti compensativi noti sono: la sintesi vocale, il registratore, la calcolatrice, ma anche materiali in formato accessibile (ad esempio mappe concettuali, schemi). Le misure dispensative consentono di essere esonerati dallo svolgimento di alcune attività, ad esempio leggere ad alta voce in classe, leggere testi troppo lunghi. Rientrano tra questi interventi anche la suddivisione delle prove in test parziali, la riduzione la lunghezza di una prova, tempi di verifica più lunghi. Tuttavia, tali misure non consentono di promuovere l’autonomia dello studente. Esempi pratici e raccomandazioni Tra gli strumenti compensativi pensati per studenti con dislessia, troviamo l’utilizzo di font accessibili quali Arial, Comic Sans, Calibri. Si raccomanda di evitare l’utilizzo del corsivo e della sottolineatura e di preferire caratteri in grassetto oppure colorati. Inoltre, è importante prevedere un’adeguata spaziatura e caratteri di dimensione minima 12. Esistono font progettati appositamente per alunni con dislessia, quali Dyslexie font,Easy Reading, OpenDyslexic, Bianconero. Nonostante vengano spesso dimenticati e raramente menzionati, degli interventi riabilitativi sono possibili ed auspicabili. Tali interventi prevedono un trattamento personalizzato e mirano a sostenere lo studente nello sviluppo in autonomia di abilità e capacità. Fonti Vender, Maria. Dispense di Methods of Language Teaching (nel corso di Language Learning), Università degli Studi di Verona, a.a. 2020/2021 Miur: https://www.miur.gov.it/dsa di Marta Scarduelli Caro lettore, Ri-eccoci con la rubrica “TRA I BANCHI - Diario di una giovane insegnante”. Questo mese parleremo di sonnolenza e stanchezza…sui banchi! Chi non ha mai fatto un riposino sul banco durante un’ora di lezione, specialmente alla prima e all’ultima ora della mattinata di scuola? Perchè ho scelto questo tema Da studentessa ricordo chiaramente la fatica che provavo nell'alzarmi il mattino (seppur non all’alba poiché fortunatamente vivevo vicino alle varie scuole che ho frequentato): le palpebre incollate, incapaci di staccarsi, la colazione sempre di fretta per poter beneficiare di qualche minuto di sonno in più e la fatica ad elaborare un pensiero seduta su una sedia con le luci puntate in viso alle 8 della mattina. Lo definirei…traumatizzante! Mi sono sempre chiesta il motivo di tanta stanchezza, poiché generalmente la sera non facevo troppo tardi e andavo a dormire presto. Mi sono avvicinata al tema dell’importanza del sonno e del ruolo fondamentale che ha sull’apprendimento grazie ad un libro “Why we sleep” dello scrittore e neuroscienziato Matthew Walker. In questo articolo non ci soffermeremo sull’aspetto scientifico e medico del sonno poiché Walker lo analizza in modo meticoloso, spiegando cosa succede passo dopo passo durante il sonno a livello cerebrale e non solo. Ma, se ti affascina questo tema, è un libro che ti consiglio vivamente. Il sonno come aiutante prezioso dell’apprendimento Walker scrive che uno dei benefici del sonno sul nostro corpo ha a che fare con la memoria: il sonno si rivela essere un aiuto prezioso per la nostra capacità di memorizzare nuove informazioni. Detto in parole molto semplici, durante la notte il sonno “libera nuovo spazio” nel nostro cervello: questo ci permette nella mattina seguente di immagazzinare le nuove informazioni a cui siamo esposti, per esempio a scuola durante un’ora di lezione. Non solo, secondo Walker il sonno rappresenta una fase fondamentale post-apprendimento, poiché consolida quanto abbiamo imparato. Un po’ come il pulsante “salva” sul computer quando abbiamo creato un documento e vogliamo che venga conservato tra i nostri file e che sia disponibile quando lo desideriamo. Afferma Walker che anche il cosiddetto “nap” (pisolino breve) post pranzo e, quindi, post scuola può rivelarsi fondamentale per consolidare quanto appreso durante la mattinata. I nostri studenti dormono abbastanza? Quando parliamo di sonno, non è corretto paragonare il sonno degli adulti a quello dei ragazzi. Questi ultimi, infatti, hanno un ritmo circadiano diverso dai primi (il ritmo circadiano è il nostro orologio biologico interno che dura circa 24 ore e, tra le tante cose, comprende il ciclo sonno-veglia): negli adolescenti il rilascio di melatonina (l’ormone regolatore del sonno) avviene circa da una a tre ore dopo rispetto agli adulti, questo significa che i ragazzi sono “programmati” per addormentarsi più tardi e, di conseguenza, svegliarsi più tardi. Walker nel suo libro afferma che più dell’80% delle scuole superiori negli USA (“high schools”) inizia prima delle 8.15 del mattino, di cui il 50% persino prima delle 7.20. Facendo una stima, gli studenti si alzerebbero verso le 5, che significherebbe per loro le 3 (a causa del diverso ritmo circadiano). Walker al lettore chiede nel capitolo: “Tu, persona adulta, saresti felicemente predisposto all’apprendimento se ti alzassi ogni giorno alle 3 del mattino?”. Walker ci spiega che ci sono sempre più evidenze scientifiche che sottolineano l’importanza di iniziare la scuola più tardi al mattino. Sono stati condotti degli esperimenti tra alcuni studenti giapponesi, i quali hanno dimostrato che dormire di più al mattino consentiva a questi ragazzi di migliorare il proprio rendimento a scuola. Aggiunge Walker che le stesse scuole negli USA hanno cominciato a richiedere una modifica all’orario d’inizio della scuola: in Minnesota, l’orario è stato spostato dalle 7.25 alle 8.30. I benefici di un sonno più lungo sono visibili non solo sulla prestazione scolastica ma in altri contesti: la ricerca scientifica sostiene che posporre l’inizio delle lezioni argina la dispersione scolastica e diminuisce difficoltà psicologiche e consumo di droghe e alcool fra gli adolescenti. Tutto ciò mi ha permesso di giungere a due conclusioni: la prima è che vale davvero la pena valutare una modifica all’orario d’inizio delle lezioni. La seconda mi consente di capire il motivo per cui almeno una volta al giorno uno studente dorme durante le ore di lezione: purtroppo in generale i ragazzi vanno a dormire tardi perché la tecnologia li distrae molto e li tiene svegli fino a notte inoltrata, questo è innegabile. Grazie a questo libro, però, ho imparato a non biasimarli eccessivamente perché mi rendo conto che sono influenzati anche da una motivazione biologica. Immagino che per nessun docente sia piacevole notare che uno dei propri studenti dorme durante l’ora di lezione. Tuttavia io provo a fidarmi: ripeto loro che è importante concedersi le giuste ore di sonno poiché questo si riflette sul loro apprendimento e lascio loro un po’ di tempo. Succede che, al risveglio, siano più predisposti a seguire la lezione e ad apprendere. P.S: se non si svegliano da soli, li sveglio io! Alla prossima puntata del 2022, Ciao! Marta Caro lettore, Ri-eccoci con la rubrica “TRA I BANCHI - Diario di una giovane insegnante”. Questo mese parleremo di sonnolenza e stanchezza…sui banchi! Chi non ha mai fatto un riposino sul banco durante un’ora di lezione, specialmente alla prima e all’ultima ora della mattinata di scuola? Perchè ho scelto questo tema Da studentessa ricordo chiaramente la fatica che provavo nell'alzarmi il mattino (seppur non all’alba poiché fortunatamente vivevo vicino alle varie scuole che ho frequentato): le palpebre incollate, incapaci di staccarsi, la colazione sempre di fretta per poter beneficiare di qualche minuto di sonno in più e la fatica ad elaborare un pensiero seduta su una sedia con le luci puntate in viso alle 8 della mattina. Lo definirei…traumatizzante! Mi sono sempre chiesta il motivo di tanta stanchezza, poiché generalmente la sera non facevo troppo tardi e andavo a dormire presto. Mi sono avvicinata al tema dell’importanza del sonno e del ruolo fondamentale che ha sull’apprendimento grazie ad un libro “Why we sleep” dello scrittore e neuroscienziato Matthew Walker. In questo articolo non ci soffermeremo sull’aspetto scientifico e medico del sonno poiché Walker lo analizza in modo meticoloso, spiegando cosa succede passo dopo passo durante il sonno a livello cerebrale e non solo. Ma, se ti affascina questo tema, è un libro che ti consiglio vivamente. Il sonno come aiutante prezioso dell’apprendimento Walker scrive che uno dei benefici del sonno sul nostro corpo ha a che fare con la memoria: il sonno si rivela essere un aiuto prezioso per la nostra capacità di memorizzare nuove informazioni. Detto in parole molto semplici, durante la notte il sonno “libera nuovo spazio” nel nostro cervello: questo ci permette nella mattina seguente di immagazzinare le nuove informazioni a cui siamo esposti, per esempio a scuola durante un’ora di lezione. Non solo, secondo Walker il sonno rappresenta una fase fondamentale post-apprendimento, poiché consolida quanto abbiamo imparato. Un po’ come il pulsante “salva” sul computer quando abbiamo creato un documento e vogliamo che venga conservato tra i nostri file e che sia disponibile quando lo desideriamo. Afferma Walker che anche il cosiddetto “nap” (pisolino breve) post pranzo e, quindi, post scuola può rivelarsi fondamentale per consolidare quanto appreso durante la mattinata. I nostri studenti dormono abbastanza? Quando parliamo di sonno, non è corretto paragonare il sonno degli adulti a quello dei ragazzi. Questi ultimi, infatti, hanno un ritmo circadiano diverso dai primi (il ritmo circadiano è il nostro orologio biologico interno che dura circa 24 ore e, tra le tante cose, comprende il ciclo sonno-veglia): negli adolescenti il rilascio di melatonina (l’ormone regolatore del sonno) avviene circa da una a tre ore dopo rispetto agli adulti, questo significa che i ragazzi sono “programmati” per addormentarsi più tardi e, di conseguenza, svegliarsi più tardi. Walker nel suo libro afferma che più dell’80% delle scuole superiori negli USA (“high schools”) inizia prima delle 8.15 del mattino, di cui il 50% persino prima delle 7.20. Facendo una stima, gli studenti si alzerebbero verso le 5, che significherebbe per loro le 3 (a causa del diverso ritmo circadiano). Walker al lettore chiede nel capitolo: “Tu, persona adulta, saresti felicemente predisposto all’apprendimento se ti alzassi ogni giorno alle 3 del mattino?”. Walker ci spiega che ci sono sempre più evidenze scientifiche che sottolineano l’importanza di iniziare la scuola più tardi al mattino. Sono stati condotti degli esperimenti tra alcuni studenti giapponesi, i quali hanno dimostrato che dormire di più al mattino consentiva a questi ragazzi di migliorare il proprio rendimento a scuola. Aggiunge Walker che le stesse scuole negli USA hanno cominciato a richiedere una modifica all’orario d’inizio della scuola: in Minnesota, l’orario è stato spostato dalle 7.25 alle 8.30. I benefici di un sonno più lungo sono visibili non solo sulla prestazione scolastica ma in altri contesti: la ricerca scientifica sostiene che posporre l’inizio delle lezioni argina la dispersione scolastica e diminuisce difficoltà psicologiche e consumo di droghe e alcool fra gli adolescenti. Tutto ciò mi ha permesso di giungere a due conclusioni: la prima è che vale davvero la pena valutare una modifica all’orario d’inizio delle lezioni. La seconda mi consente di capire il motivo per cui almeno una volta al giorno uno studente dorme durante le ore di lezione: purtroppo in generale i ragazzi vanno a dormire tardi perché la tecnologia li distrae molto e li tiene svegli fino a notte inoltrata, questo è innegabile. Grazie a questo libro, però, ho imparato a non biasimarli eccessivamente perché mi rendo conto che sono influenzati anche da una motivazione biologica. Immagino che per nessun docente sia piacevole notare che uno dei propri studenti dorme durante l’ora di lezione. Tuttavia io provo a fidarmi: ripeto loro che è importante concedersi le giuste ore di sonno poiché questo si riflette sul loro apprendimento e lascio loro un po’ di tempo. Succede che, al risveglio, siano più predisposti a seguire la lezione e ad apprendere. P.S: se non si svegliano da soli, li sveglio io! Alla prossima puntata del 2022, Ciao! Marta BIBLIOGRAFIA Matthew Walker, Why we sleep (Penguin Random House UK, 2017) di Serena Bacchin Intrecci di scuola nasce innanzitutto dalla mia curiosità di approfondire e analizzare il mondo scolastico perché ho sempre ammirato la professione dell’insegnante che ritengo così importante e allo stesso tempo delicata e sempre più sfidante...
Una raccolta di spunti e riflessioni di chi vive questa realtà sulla propria pelle ogni giorno, per riflettere e collegare e poi, perché no, mettere a disposizione di voi lettori! Un sincero grazie ai trentotto educatori e insegnanti che hanno contribuito a questo progetto, tra cui: Sabina Ballerini, centro infanzia Nadia Bassanello, Treviso, primaria Samantha Bruni, Parma, educatrice Feliciano Casanova De Marco, Belluno, primaria Carmencita Catania, ricercatrice indipendente fondatrice della Metodologia dell’Espressione Sara Dante, Torino, infanzia Teresa Destro, Mantova, primaria Benedetta Di Cosimo, Ferrara, secondaria di II grado Maria Bianca Di Stefano, Catania, secondaria di I grado Antonella Fiori, Genova, secondaria di II grado Michela Gabbana, Treviso, primaria Maddalena Galluccio, Arezzo, Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti Camilla Gnocato, Treviso, primaria Lina Iannella, Bologna, secondaria di I grado Gennaro Lastorina, Napoli, primaria Giuseppe Laudani, Venezia, secondaria di I grado Alessandra Mantovani, Treviso, secondaria di I grado Maria Pia Mazzocato, Treviso, primaria Lucia Michieletto, Venezia, secondaria di II grado Linda Pugi, Padova, secondaria di II grado Luca Quinti, Novara, secondaria di II grado Lucia Ragazzo, Rovigo, primaria Antonella Solimine, Rovigo, secondaria di I grado Matilde Vianello, Nyon (Svizzera), primaria Anna Roà, Cuneo, secondaria di II grado Mariella Viscuso, Treviso, secondaria di I grado Anna, Roma, nido Margherita, Treviso, infanzia Michela, Padova di Marta Scarduelli Tempo di lettura: 5' Caro lettore,
Mi presento. Mi chiamo Marta, ho 29 anni, sono laureata in lingue straniere e da un paio sono un’insegnante. Grazie ad una MAD (messa a disposizione), ho iniziato il mio percorso in una scuola elementare, in un piccolo paesino del Trentino-Alto Adige. Ho insegnato tedesco a dolci e vivaci studenti, tra non pochi ostacoli! Al primo anno di insegnamento, dopo soli cinque mesi, sono stata costretta a rimodulare le mie lezioni (in presenza) in didattica a distanza, per il motivo che ormai tutti conosciamo. Anche se a volte frustrante e complesso, ho proseguito il mio percorso con coraggio e oggi sono qui. Sono entrata a far parte dell’Associazione Un'Altra Scuola qualche mese fa. Il motivo è semplice: sono un’insegnante, vivo della mia passione e vorrei che tu vedessi, attraverso le mie parole, quello che io vedo e vivo ogni giorno tra i banchi. La mia rubrica parlerà di varie tematiche. Tutte avranno un filo conduttore: lo studente e tutto ciò che gli ruota intorno. Oggi parleremo di valutazione e motivazione allo studio. Buona lettura! VALUTAZIONE, L’INCUBO DI OGNI STUDENTE “Profe, ma questo lo mette in verifica?”. Se mi chiedessero di pensare ad una domanda che sento spesso in classe, ecco, senza ombra di dubbio penserei a questa. A volte arriva non appena accenno alla frase “Oggi ragazzi introduciamo un argomento nuovo”. Prima di proseguire vorrei però spiegarti che nel mondo della didattica non esiste solo la valutazione sommativa così come la conosciamo noi, per intenderci quella che ci ha accompagnato nel nostro percorso scolastico. VARIE TIPOLOGIE DI VALUTAZIONE L’anno scorso, proprio durante il primo lockdown, ho avuto modo di approfondire le mie conoscenze preparando alcuni esami di materia psico-pedagogica (i famosi 24 CFU per intenderci). Illuminante è stato un corso (“Ricerca educativa e valutazione nell’insegnamento”) tenuto dal Prof. Mario Maviglia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, il quale ha approfondito il tema della valutazione. Ne esistono di vari tipi, ma ne cito solo alcune, ognuna con una funzione diversa: Diagnostica: potremmo definirla come uno strumento per “sondare il terreno”; l’insegnante somministra una prova agli studenti all’inizio di un nuovo percorso di apprendimento, per verificare se questi possiedono già conoscenze sull’argomento. È fondamentale per impostare gli obiettivi didattici. Formativa e orientativa: il docente somministra una prova in itinere (quando ancora l’argomento non è concluso) e verifica qual è il livello di apprendimento di ogni studente fino a quel momento. Si tratta di una valutazione utile soprattutto al docente, per verificare se le modalità didattiche adottate sono corrette o se, al contrario, è necessario mettere in campo determinate strategie di insegnamento. Sommativa: è la valutazione formale, che ha valore pubblico, per intenderci quella che troviamo scritta sulla pagella a fine quadrimestre, che ogni studente teme. Essa “certifica” (o meglio, dovrebbe certificare) l’avvenuta conquista di specifiche abilità e conoscenze. Approfondendo il tema della valutazione si deduce quindi che lo studente non è il solo a doversi sentire “valutato” ma lo è anche il docente stesso. Lo studente in riferimento alle sue competenze e abilità, l’insegnante alle sue competenze professionali. Lo sapevi? VALUTAZIONE E MOTIVAZIONE: QUALE LEGAME? Tornando alla domanda di prima, ti dirò ora cosa rispondo io generalmente ai miei studenti quando si fanno prendere dall’ansia del voto (mi correggo, non tutti hanno l’ansia del voto, a qualcuno l’idea di un’ipotetica verifica non agita particolarmente…). “Ragazzi, non tutto quello che condivido con voi e di cui parliamo a lezione sarà oggetto di verifica. Quando sarà il momento, vi spiegherò bene gli argomenti. Per ora, state tranquilli”. Non sempre funziona, certo, ma alla lunga aiuta i miei ragazzi a non vivere l’apprendimento come se fosse una prova continua. Una curiosità. Ho realizzato nel tempo che la domanda arriva soprattutto dalle classi prime: che sia un retaggio della scuola media? Dall’introduzione del registro elettronico, la famosa verifica o interrogazione terrorizzano in modo esponenziale: i genitori possono accedere al registro quando preferiscono e verificare di giorno in giorno i voti “accumulati” dai propri figli. Purtroppo, nel mio breve percorso da insegnante mi è capitato più volte di avere a che fare con ragazzi preda delle aspettative (un po’ troppo severe e rigide) dei genitori. “Se non prendo almeno 8 o 9, mia mamma non è contenta”. Ma tra i due, chi sta andando a scuola? La mamma o il figlio/la figlia? Ecco che la verifica diventa esclusivamente una motivazione strumentale: devo studiare tanto altrimenti la mamma si arrabbia e la mia media si abbassa. Come insegnante mi chiedo continuamente come questa prospettiva possa funzionare: è davvero giusto, come genitori, far vivere al proprio figlio anni di scuola perseguitato da così tante aspettative? Cosa c’è di vergognoso in una sufficienza o, addirittura, in un’insufficienza? La motivazione nascosta dietro al ragionamento dei ragazzi è la cosiddetta “motivazione estrinseca”: lo studente pensa “io studio, non per me, per imparare, ma perché all’orizzonte ci sarà una verifica che devo fare bene, per rendere contenti il professore, mamma e papà”. Viene chiamata così proprio perché si tratta di fattori esterni che agiscono sul ragazzo e sul suo ruolo nell’apprendimento. Io, nel mio piccolo, cerco di coltivare nei miei studenti la “motivazione intrinseca”: quella interna, che viene da ognuno di noi, e ci spinge a conoscere perché ci fa stare bene. Quella che, se prendiamo un brutto voto, non ci sbarra la strada, ma ci incoraggia a fare meglio la prossima volta. Quindi caro lettore, che tu sia uno studente, un genitore, un insegnante: coltiva e valorizza, in chi ti circonda, la motivazione intrinseca all’apprendimento. Sarà la spinta naturale per evitare eccessiva ansia e frustrazione nei ragazzi e un ingrediente fondamentale per vivere la scuola nel modo più sereno e armonioso possibile. Per questa puntata è tutto, ci vediamo alla prossima! A presto, Marta RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Dispensa di “Ricerca educativa e valutazione nell’insegnamento” (24 CFU) - Professor Mario Maviglia (Università Cattolica del Sacro Cuore - Brescia) Dispensa di "Linguistica Applicata" - Professor Paolo Nitti E’ arrivato settembre, anche per il 2021. Un anno che, pur con tutti gli alti e bassi che caratterizzano qualsiasi anno, non passerà certo alla storia come un anno qualsiasi. Perché era ad esso che avevamo guardato, da quel maledetto marzo 2020 in poi, con speranza e impazienza, pregustando il ritorno alla nostra agognata normalità. Una normalità che ci eravamo anche ripromessi di mettere in discussione, sforzandoci di ripensare tutte le cose che avevamo sempre dato per scontate, perché si sa che è dai momenti di maggiore crisi che nascono le rivoluzioni. Per un attimo ci avevamo quasi creduto. Poi anche il 2021 ha fatto il suo corso - un corso meno lineare di quanto pensassimo - e strada facendo, nella confusione di regole e capri espiatori, abbiamo perso un po’ di spirito rivoluzionario. Ora che si comincia a intravederla, la fine di quest’anno non somiglia più tanto al traguardo. Insomma, la strada per combattere la pandemia è ancora lunga - e di quella per arginare le emergenze climatiche o umanitarie è meglio non parlare proprio; ma non è di questo che vorrei raccontare oggi. Perché questo settembre 2021, comunque sia, non è identico a quello del 2020. Noi di Un’Altra Scuola, almeno, non ci sentiamo tornati al punto di partenza. Non è stato un anno facile, pur nella posizione geopoliticamente ed economicamente privilegiata in cui di certo ci troviamo, rispetto a tanti altri. La cosa più difficile è stata mantenere il ritmo, l'entusiasmo, la fiducia nelle nostre convinzioni e nell’utilità del nostro lavoro, quando tutto attorno a noi sembrava andare per il peggio. Eppure siamo riusciti a non perdere di vista l’obiettivo, a continuare a credere che, anche quando l’emergenza sembra richiedere tutta la nostra energia, mantenere invece l’attenzione sulla visione a lungo termine è indispensabile, perché cercare di affrontare il presente senza di essa è inutile e cieco, se non deleterio. Secondo noi non ci può essere visione a lungo termine, per una società, che non parta dall’educazione, perché educare bambini e ragazzi di oggi significa formare gli adulti di domani. Noi abbiamo scelto di continuare a credere nella scuola: non quale panacea di tutti i mali - come a volte la politica e i media sembrano pretendere - bensì quale fondamento indispensabile per continuare a costruire la società del futuro. Perché è questo che la scuola fa, che lo si voglia o meno; interessarci di come essa lo faccia significa, semplicemente, interessarci della direzione in cui stiamo spingendo il nostro futuro. Abbiamo riflettuto molto su questo aspetto, e ci siamo chiesti in chi sia più urgente risvegliare questa coscienza. La risposta è semplice, se non scontata: noi stessi. Siamo noi i diretti interessati, studenti e studentesse, o magari giovani ormai usciti dal sistema scolastico e universitario. Forse non vedevamo l’ora di uscirne, e probabilmente smetteremo di pensarci fino a quando non toccherà, a loro volta, ai nostri figli. Ma se vogliamo un’educazione migliore per i nostri figli è ora che dobbiamo agire: e per agire è necessario, prima di tutto, informarsi. Così abbiamo scelto di abbracciare questa nuova sfida: ci siamo dati una forma legale, quella dell’associazione culturale - di cui oggi vi scrivo da Presidente - e da allora siamo cresciuti, anche se con un po’ di fatica accumulata tra uno scoglio burocratico e l’altro. Anche grazie a questa fatica, però, abbiamo capito ciò che vogliamo essere: uno spazio d'informazione online, per stimolare fra i giovani un dibattito critico e indipendente sul tema della scuola e dell'educazione. A questo spazio virtuale, formato dalle pagine social e dal nostro sito, contribuiscono numerosi e preziosissimi volti, che nelle prossime settimane imparerete a conoscere. E ad esso si aggiunge, finalmente, anche uno spazio reale: quello degli eventi. Immagino che tutti voi, se abitate a Trento, conoscerete la meravigliosa libreria due punti, che per Un’Altra Scuola è un po’ una casa, sia burocratica (è la nostra sede legale) che affettiva. E’ infatti alle loro presentazioni che abbiamo conosciuto molti dei e delle docenti, autori, autrici e intellettuali che sono diventati per noi figure di riferimento e ispirazione, o addirittura amiche. Per questo, nei prossimi mesi, collaboreremo alla realizzazione di alcuni piccoli eventi, a cui non vediamo l’ora di conoscere anche voi, lettori e lettrici - e magari, se lo desiderate, futuri membri della squadra. Con questa speranza - vorrei dire con questa promessa, ma nonostante il mio poetico entusiasmo il 2020 è una ferita ancora fresca - auguro a tutte e a tutti un buon ri-inizio dell’anno (perché settembre sia il vero capodanno mi ero già divertita a spiegarlo qui). Che sia a scuola, al lavoro o all’università, vi auguro un inizio il più possibile sereno, non rassegnato ma consapevole, e ancora capace di entusiasmarsi e di credere che il cambiamento è inevitabile, ma contribuire attivamente e positivamente ad esso è possibile. di Elisa Mazzocato
di Laura Albertini ,Da oltre un anno si sente parlare molto di scuola, ma non se ne parla davvero. La pandemia ha svelato i problemi preesistenti, portando alla luce questioni che non ci eravamo mai poste. Sulla rivista culturale Left, Pierluigi Barberio ed Enrico Terrinoni hanno pubblicato una serie di dialoghi scritti sul tema della scuola. Quello che rende questi dialoghi estremamente stimolanti è l’incontro fra due prospettive: Pierluigi è un professore in una scuola secondaria di primo grado, mentre Enrico è ordinario presso l’Università per stranieri di Perugia. Nonostante la diversa età dei loro alunni, si trovano con gli stessi problemi e le stesse idee. Loro, come noi, pensano che la scuola abbia bisogno di un cambiamento e stanno cercando delle soluzioni, riportando la scuola al centro del dibattito pubblico. Qualche settimana fa ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Pierluigi, con il quale ho potuto approfondire diverse tematiche. Abbiamo già pubblicato un podcast, ma ci ha offerto anche tanti altri spunti di riflessione che ho voluto riportare qui:
Siamo entrambi consapevoli che la scuola ha bisogno di un cambiamento: è difficile trovare una soluzione, ma recuperare i rapporti tra insegnante e studente attraverso quello che la DAD ci ha insegnato è sicuramente un buon punto di partenza. |